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Digital divide: com’è messa l’Italia?

Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha compiuto significativi progressi nella digitalizzazione. Nel 2024, l’87,7% della popolazione italiana, pari a circa 51,56 milioni di persone, utilizza Internet, con una velocità media di connessione fissa di 71,4 Mbps e mobile di 46,03 Mbps. Questi numeri testimoniano una crescita importante rispetto al passato, favorita anche da interventi infrastrutturali e politiche pubbliche mirate.

Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, il digital divide resta una problematica attuale. Circa 7,22 milioni di cittadini, corrispondenti al 12,3% della popolazione, non sono connessi. Il divario non si limita alla sola connessione fisica alla rete: riguarda anche l’effettiva capacità di usare le tecnologie disponibili. Solo il 45,8% degli italiani possiede competenze digitali di base, una percentuale nettamente inferiore rispetto alla media europea del 55,6%. Questo limita l’accesso a opportunità lavorative, a servizi digitali pubblici e privati, e persino alla partecipazione sociale e politica.

Il divario territoriale: Nord e Sud a confronto

In Italia, il digital divide si manifesta in modo evidente anche a livello territoriale. Le regioni del Centro-Nord registrano un tasso di connessione nettamente superiore rispetto al Mezzogiorno. Secondo i dati Istat del 2021, l’83,3% delle famiglie del Centro-Nord ha accesso a Internet, contro il 77,6% delle famiglie del Sud. Questa differenza si riflette anche sulla diffusione della banda ultralarga, ancora insufficiente in molte zone rurali e periferiche del Meridione.

Nel 2023, il 17,3% della popolazione residente nel Sud Italia viveva in aree senza accesso a connettività ultraveloce, mentre nel Centro-Nord tale percentuale scendeva al 4,2%. Questo dislivello rallenta lo sviluppo economico e sociale di intere comunità, ostacolando l’accesso allo smart working, alla didattica a distanza e ai servizi sanitari digitali.

Il divario non è solo geografico ma anche demografico: le persone anziane, quelle con basso livello d’istruzione e i nuclei familiari a basso reddito sono maggiormente esposti al rischio di esclusione digitale. La situazione è aggravata dalla carenza di infrastrutture in molte aree interne e montane, dove il mercato spesso non è incentivato a investire.

Le iniziative per colmare il divario digitale

Il governo italiano ha avviato diverse iniziative per colmare il digital divide, in particolare grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il Piano “Italia a 1 Giga” punta a portare connessioni di almeno 1 Gbps a milioni di indirizzi civici entro il 2026, mentre il Piano “Italia 5G” prevede l’estensione della copertura mobile ad alta velocità su tutto il territorio nazionale.

Accanto a questi interventi strutturali, è stato introdotto il Piano “Scuola Connessa” per garantire l’accesso alla banda ultralarga nelle scuole, promuovendo un’istruzione digitale più equa. Altri investimenti sono diretti ai Comuni per digitalizzare i servizi offerti ai cittadini e migliorare la fruizione delle piattaforme online, come l’Anagrafe Nazionale Popolazione Residente (ANPR) e il sistema di identità digitale SPID.

Open Fiber ha avuto un ruolo centrale in questi progetti, grazie agli oltre 84.000 chilometri di fibra posati in sei anni e a investimenti pubblici e privati per oltre 8 miliardi di euro. L’obiettivo è duplice: ridurre le disuguaglianze e promuovere un ecosistema digitale competitivo in linea con gli standard europei.

L’uso della rete: tra intrattenimento e servizi pubblici

In Italia, l’uso di Internet non si limita alle esigenze lavorative o educative. Una parte significativa della popolazione utilizza la rete per attività di svago e gioco. In questo contesto, emergono anche aspetti legati all’accesso a promozioni e vantaggi offerti da piattaforme online. A tal proposito, è utile conoscere i requisiti per ottenere questi bonus, che spesso includono la registrazione su portali certificati e la verifica dell’identità attraverso sistemi digitali.

La crescente familiarità con la rete ha favorito anche l’adozione di servizi digitali della pubblica amministrazione. Tuttavia, nonostante il potenziale, molti italiani non sfruttano appieno queste opportunità. Solo il 41,3% interagisce digitalmente con la PA, rispetto al 54,3% della media UE. Questo significa che gran parte dei cittadini preferisce ancora recarsi fisicamente agli sportelli o rinuncia a svolgere pratiche burocratiche, spesso per mancanza di competenze digitali o per sfiducia nella tecnologia.

Un altro aspetto rilevante è l’uso della rete per la gestione dei pagamenti, la prenotazione di visite mediche, l’accesso ai certificati e alla documentazione ufficiale. Anche in questi ambiti si rileva un divario tra chi ha la possibilità e la capacità di usufruire dei servizi e chi resta escluso.

Le sfide delle competenze digitali

Il digital divide italiano è strettamente legato al tema dell’alfabetizzazione digitale. L’accesso alla rete non è sufficiente se le persone non sono in grado di utilizzare gli strumenti digitali in modo consapevole ed efficace. Solo il 45,8% degli italiani ha competenze digitali di base, una quota che si riduce ulteriormente tra gli over 65, dove il dato scende sotto il 20%.

Per questo motivo, il PNRR prevede anche azioni per la formazione. I Centri di facilitazione digitale sono tra le misure più significative in questo senso: si tratta di spazi fisici e virtuali, distribuiti su tutto il territorio nazionale, dove i cittadini possono ricevere assistenza e formazione gratuita. L’obiettivo è diffondere una cultura digitale accessibile, inclusiva e orientata ai bisogni concreti della popolazione.

Accanto all’alfabetizzazione di base, si rendono necessari anche percorsi di aggiornamento costante per i lavoratori, le imprese e i professionisti. Le competenze digitali sono ormai essenziali non solo nel settore ICT, ma in ogni ambito professionale, dalla sanità all’agricoltura, dal turismo all’amministrazione pubblica.

Considerazioni finali

Una questione spesso trascurata ma fondamentale è quella della disabilità e dell’accessibilità digitale. Secondo le più recenti analisi, molte piattaforme digitali pubbliche e private non sono ancora pienamente accessibili alle persone con disabilità sensoriali, cognitive o motorie. Questo crea un ulteriore livello di esclusione, che andrebbe affrontato con interventi normativi e progettuali specifici, favorendo la diffusione del design universale e di soluzioni inclusive.

Un altro ambito emergente riguarda la cybersicurezza e la protezione dei dati personali. Molti cittadini, pur potendo accedere ai servizi digitali, esitano a farlo per timori legati al furto d’identità, alle truffe online o all’uso improprio dei propri dati. Anche in questo caso, l’educazione digitale gioca un ruolo chiave: solo utenti consapevoli possono navigare con sicurezza e sfruttare appieno le potenzialità della rete.

Infine, si registra un crescente interesse per l’uso della tecnologia nella promozione culturale e turistica. Progetti di realtà aumentata, digitalizzazione degli archivi storici e musei virtuali stanno rendendo la cultura più accessibile. Ma affinché questi strumenti siano fruibili da tutti, è necessario continuare a investire in infrastrutture, formazione e inclusione.

Il digital divide in Italia non è più solo una questione tecnologica, ma sociale, culturale ed economica. Colmarlo significa garantire pari diritti e opportunità a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro età, dal luogo in cui vivono o dal livello di istruzione. Un obiettivo ambizioso, ma indispensabile per costruire un paese più moderno, giusto e connesso.

Riguardo a: Salvo Cirmi (Tux1)

Un pinguino intraprendente che dopo diversi anni di "servizio" online (e soprattutto delle guide) ha acquisito conoscenze non di poco conto sui settori Android, Linux e Windows. Le mie specialità sono il modding e le review. Nel tempo libero (che è raro trovare) suono il piano, mi diverto effettuando modding e provando distribuzioni Linux, BSD ed altre.

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