Nel tennis vince chi fa più punti dell’altro, o anche chi commette meno errori. Una banalità, a dirla così, ma la storia è ricca di casi che dimostrano come non sia esattamente così. Di campioni che hanno fallito gli appuntamenti più importanti per “sciocchezze” ne è piena, così come è piena di vincitori di titoli più o meno prestigiosi improbabili.
C’è chi, ad esempio, fallisce il match point sul più bello, magari dopo aver dominato l’intera partita fino a quel momento, e poi si vede recuperare tutti i punti di vantaggio dopo quello stesso errore. O anche incontri rocamboleschi che vedono partire forte un giocatore, poi il ritorno dell’avversario che si riporta in vantaggio e lo sbaglio su una volée facile facile solamente da appoggiare nell’altra parte del campo, la stessa che decreta il rientro in partita del tennista che vinceva all’inizio.
Chiedere a Matteo Berrettini per conferme, lui che, nella scorsa edizione degli Australian Open, si era portato subito sotto due a zero per poi recuperare e portarsi ad un solo punto dal match. Solo che quella volée sul match point l’ha sbagliata eccome, stampando la pallina sul nastro. Fu la fine del suo incontro. Troppa la frustrazione per quell’errore commesso nel momento più decisivo della sfida all’esordio del primo Slam dell’anno con Andy Murray che, dopo una lunga battaglia di quasi cinque ore di gioco, riuscì ad aggiudicarsi il match, ribaltando tutti i pronostici, anche quelli delle scommesse live dopo che la partita sembrava essersi ormai indirizzata in favore dell’azzurro.
Quella sconfitta è costata cara al romano, che da lì in poi ha faticato a ritrovare la sua miglior versione di sé stesso, la medesima che, tra l’altro, gli aveva permesso di raggiungere la sua prima finale Slam a Wimbledon nel 2021 che, però, non ebbe l’esito sperato.
Tuttavia, quella partita con Djokovic rappresentò il punto di svolta nella carriera di Matteo, che iniziò ad essere notato anche da chi, prima di allora, sapeva poco e nulla di chi fosse. Del resto, era il primo grande vero appuntamento di Berrettini che, però, con il serbo partiva nettamente sfavorito.
Nole, d’altronde, è uno di quei campioni che se in condizione è impossibile da battere, anche se spesso e volentieri riesce a vincere anche quando gli capitano giornate più storte. Ed è un po’ questa la chiave per diventare leggende del tennis: vincere nonostante le difficoltà e riuscirci il più a lungo possibile. Federer, Nadal, lo stesso Djokovic e tutti i grandi fuoriclasse che si sono alternati in vetta al ranking mondiale lo sanno bene. E lo sanno anche coloro che stanno tentando di arrivare, o quantomeno avvicinarsi, a quei livelli.
Allo stesso modo, però, si può dire che in altre occasioni è proprio l’outsider di turno ad aggiudicarsi il successo di una manifestazione. In fondo è anche questo il bello dello sport in generale: favole da raccontare e tramandare ai posteri con protagonisti i giocatori meno favoriti della vigilia. Delle “Cenerentole”, insomma, e, a questo proposito, proponiamo la lista dei tennisti, stilata dalla testata specializzata Ubitennis, che sono riusciti a vincere almeno un torneo del Grande Slam andando contro ogni previsione.
La lista dei campioni Slam più inaspettati
Partendo in ordine cronologico, il primo campione Slam più “improbabile” è Mark Edmondson, Ai più forse questo nome non dirà nulla, e in effetti all’epoca aveva smesso soltanto da poco di lavorare come inserviente in un ospedale. Con quei guadagni, si concesse i viaggi per partecipare ai vari impegni della stagione e, nelle settimane dell’Australian Open del 1978, anziché optare per un comodo hotel per il soggiorno a Melbourne, si fece ospitare da un amico per risparmiare. Alla fine sarà proprio lui a sollevare il trofeo della competizione battendo campioni come Ken Rosewall e John Newcombe, leggende del tennis australiano di quei tempi, e ancora oggi è l’ultimo australiano ad esser riuscito a vincere il torneo di casa.
Due anni più tardi, la storia si ripeté per certi versi, e sempre all’Open di Australia. Stavolta, però, il protagonista di una delle più belle favole del tennis fu Brian Teacher, che vinse un torneo in cui successe un po’ di tutto, nel quale ad arrivare avanti furono diversi giocatori meno quotati dei vari Guillermo Vilas, Gerulaitis e Lendl, tutti sconfitti ben prima della finale. Nell’ultimo atto della competizione, poi, Teacher riuscì ad avere la meglio su Warwick, complice un infortunio che penalizzò in parte quest’ultimo.
Nel 1990, toccò invece ad Andres Gomez, ecuadoregno classe 1960. A soli 20 anni stupì tutti gli addetti ai lavori conquistando una storica finale per sé e per tutto il suo Paese al Roland Garros di quell’anno. Il suo livello era buono, ma non al punto di poter indirizzare i pronostici in suo favore. Tuttavia, quello che in pochi si sarebbero immaginati alla vigilia, finì per concretizzarsi: Edberg e Becker uscirono al primo turno, mentre lui macinò una vittoria dietro l’altra giocando forse il miglior tennis della sua vita. A fine torneo, concederà soltanto un set agli avversari, per quella che ancora oggi è ricordata come una delle vittorie più inaspettate della storia di questo sport.
Un altro ribaltone avvenne poi sempre a Parigi 12 anni più tardi. Stavolta fu Albert Costa a vincere il torneo, uno che in carriera non è mai riuscito ad entrare in top 5, né oltre i quarti di uno Slam che non fosse il Roland Garros. Uno specialista della terra rossa, insomma, che, però, peccava in tutte le altre superfici. Tuttavia, proprio in occasione dell’Open di Francia del 2002, evidentemente, i tempi erano maturi affinché vincesse il suo primo titolo Major. Fece fuori Kuerten, Canas, Corretja e Ferrero, tutti campioni ben più quotati di lui alla vigilia.
Nella stessa stagione, però, ci fu un’altra sorpresa, arrivata anche ben prima della vittoria di Costa a Parigi: la vittoria di Thomas Johansson agli Australian Open. Anche lui mai stato in top 5 e il suo rendimento non è mai stato tale da porlo sull’Olimpo del tennis. Tuttavia, come ormai abbiamo imparato, il tennis sa regalare questo tipo di storie e, così, anche lo svedese classe 1975 riuscì ad aggiudicarsi il suo primo successo Slam da outsider, peraltro in finale contro il ben più affermato Marat Safin.
Conclude questa speciale lista Gaston Gaudio, campione al Roland Garros del 2004. Anche questa fu un’edizione particolare del torneo, in cui il tennis cercava ancora il suo punto di riferimento. L’argentino si espresse su livelli che difficilmente gli avevamo visto giocare e dunque la sua vittoria fu quasi una naturale conseguenza, agevolata, però, come detto, dall’assenza di veri fuoriclasse. Un po’ come Nadal, per intenderci, che proprio dall’anno dopo avrebbe dominato in lungo in largo su tutti i campi in terra battuta del mondo, compreso quello del Roland Garros.