È uno spettro che si aggira per l’Italia sin dalla metà degli anni Duemila, ma oggi è diventato più concreto che mai: stiamo parlando della crisi demografica. L’aumento dell’età media della popolazione, con sempre meno nuovi nati e sempre meno giovani, a fronte di anziani che vivono sempre più a lungo, ha un impatto considerevole sull’equilibrio economico, sociale e politico del Paese. La disponibilità di forza lavoro e la tenuta del sistema pensionistico e sanitario sono i temi più evidenti e con i quali stiamo iniziando già a fare i conti.
Dopo il “baby boom” degli anni Sessanta, dagli anni Settanta in poi, la natalità in Italia ha iniziato a diminuire con costanza, prima più lentamente, poi via via più velocemente. Si è assistito a una timida ripresa all’inizio del Duemila, poi dal 2008 solo segni negativi. I dati ISTAT parlano di un tasso di natalità sceso da circa 18 nati per 1000 abitanti nel 1964 a 6,4 nati per 1000 abitanti nel 2023. Nell’ultimo anno i nuovi nati sono stati 379.000, ovvero il 3,6% in meno rispetto al 2022 e il 34,2% in meno rispetto al 2008. Contemporaneamente, i progressi nella qualità della vita e nella medicina hanno fatto crescere l’aspettativa di vita da circa 69 anni per gli uomini e 74 per le donne nel 1970 a 81 anni per gli uomini e 85 per le donne. A questo vanno aggiunti i flussi migratori dei giovani verso l’estero, che sono sempre più abbondanti di quelli verso l’interno.
Il risultato è che oggi abbiamo sempre più anziani in proporzione ai giovani. Non arrivano segnali rassicuranti dalle proiezioni ISTAT per il futuro: l’istituto stima che dai 59,2 milioni di abitanti nel 2021 si passerebbe ai 57,9 nel 2030, per poi scendere a 54,2 nel 2050 e a 47,7 milioni nel 2070. La probabilità di invertire la rotta esiste, ma allo stato attuale delle cose è molto bassa (intorno all’1%).
Meno giovani significa meno persone che lavorano o lavoreranno, quindi meno competitività e crescita economica per il Paese, ma anche meno persone che pagano le tasse. E le tasse servono a sostenere pilastri del welfare pubblico come la sanità e le pensioni. Mentre per la sanità sono diversi i fattori in gioco e i punti di possibile intervento, per le pensioni la presenza di lavoratori che pagano le tasse è l’elemento cruciale.
Il sistema pensionistico italiano prevede che le pensioni di chi ha smesso di lavorare vengano pagate dai contributi di chi ancora sta lavorando, in un circolo virtuoso dall’equilibrio fragile. Se nel prossimo futuro ci saranno troppi anziani rispetto al numero di lavoratori, i contributi di questi ultimi non basteranno a pagare le pensioni. Anzi, già oggi non bastano, e lo Stato integra ogni anno di tasca sua le pensioni: un domani potrebbe non essere più sostenibile questa integrazione.
Le cause della crisi demografica sono molteplici e vanno dai cambiamenti culturali e di modelli familiari, alla precarietà economica e la stagnazione dei salari, all’aumento del costo della vita fino all’incertezza sul futuro del pianeta. Tra le possibili misure per rispondere alla crisi figurano incentivi statali alla natalità e politiche per l’immigrazione, ma per ora non sono stati realizzati interventi strutturali in questo senso.
La misura più facile da attuare e più immediata è l’innalzamento dell’età pensionabile, e infatti lo abbiamo visto accadere diverse volte negli ultimi dieci anni. Ma anche andando in pensione più tardi, la prospettiva rimane quella di una pensione magra e incerta.
Per questo motivo le stesse istituzioni cercano di aumentare la conoscenza e l’adesione della popolazione a forme di previdenza complementare. Per esempio, fondi pensione, piani individuali pensionistici, piani di accumulo e di risparmio: tutti prodotti che beneficiano di deduzioni fiscali. Qualcosa, in effetti, si sta muovendo: la Relazione annuale sulla previdenza complementare in Italia di COVIP sul 2023 mostra un aumento del 3,7% degli iscritti alla previdenza complementare rispetto al 2022, aumento di cui risultano responsabili soprattutto i giovani sotto i 34 anni. Proprio i giovani di oggi, infatti, saranno più toccati dal problema delle pensioni. Con gli strumenti di previdenza complementare, accessibili tramite banche e assicurazioni, è possibile accantonare dei risparmi per la pensione e destinarli all’investimento, in modo da costruire un piccolo tesoretto per salvaguardare la propria vecchiaia.