Red Hat, la più grande compagnia fornitrice di soluzioni open source al mondo, ha sempre avuto nel sistema operativo Red Hat Enterprise Linux(RHEL) – distro prodotta e sviluppata dall’azienda – la sua punta di diamante, dotata di estrema solidità ma anche di continue innovazioni, che ne fanno di questo OS un prodotto di altissimo livello.
Il cappello rosso che non molla
Lo scorso anno, Red Hat ha fatturato qualcosa come un miliardo di dollari, espressione di quanto sia il peso commerciale dell’azienda, che comunque si basa sul fornire prodotti validi con altrettanta assistenza.
Red Hat non ha solo rilievo nel mondo finanziario, apparentemente molto lontano da quello GNU/Linux, ma gioca da attore protagonista nel mondo del pinguino: sponsorizza Fedora – una delle distro più utilizzate ed apprezzate al mondo (i maliziosi asseriscono che Fedora funga da beta e tester di RHEL); è la prima per linee di codice e correzioni di bug a contribuire al kernel Linux; contribuisce a piene mani anche ad uno dei Desktop Environment più diffusi quale GNOME.
Questa doverosa premessa, permette di affermare quanto le decisioni che prende Red Hat abbiano comunque una qualche ripercussione sul mondo Linux, asssolutamente non vincolante sia chiaro, ma le sue mosse vengono sempre seguite da chi ogni giorno ha a che fare con l’universo GNU/Linux.
Oggi giunge notizia che Denise Dumas – engineering director di Red Hat Enterprise Linux (RHEL), abbia dichiarato che la prossima versione di RHEL userà come ambiente desktop sempre GNOME (nella sua ultima versione cioè la 3) ma non con l’interfaccia GNOME Shell – che tante polemiche ha suscitato dalla base, almeno all’inizio – bensì la Classic Mode, che come metodologia di lavoro è assimilabile al buon vecchio GNOME 2.
Il motivo addotto dalla direttrice non è certo d tipo formale o di peculiarità grafiche (tra l’altro quest’ultimo aspetto a favore della nuova Shell) ma di sostanza; cito testualmente: “the last thing we want to do is disrupt our customers’ workflows” – traducendo e parafrasando sarebbe come dire, l’interfaccia e la metodologia di lavoro di GNOME Classic (GNOME 2) funziona, e funziona pure bene, e quindi non vogliamo stravolgere le abitudini dei nostri utenti, i quali lavorano e producono, per crearne uno svantaggio a loro (e di conseguenza all’azienda).
La Dumas comunque elogia il lavoro fatto dal team GNOME e a chiunque lo preferirà, sarà possibile scegliere in fase di avvio di avere GNOME Shell come aspetto grafico del sistema. Comunque, dico io, rimarca quanto il team GNOME abbia fatto un gran bel lavoro inserendo la modalità classica.
Tirando le somme, e sopratutto traendone una morale della favola, tutta la faccenda continua a farmi porre interrogativi sulla produttività e fruibilità della nuova interfaccia che gli sviluppatori GNOME hanno introdotto con GNOME Shell. Agli inizi la Shell aveva portato molto entusiasmo, poi erano iniziati i malumori dalla base, adesso a distanza di 2 anni qualcuno sembra essersi adattato ed aver cambiato idea, altri continuano proprio a non mandarla giù. Ripeto, il problema dei malumori non sono certo per l’aspetto grafico (comunque profondamente legato alla funzionalità) ma appunto per una, almeno per molti, riduzione netta della produttività.
Adesso, se anche un’azienda importante e seria come Red Hat pone un problema del genere, allora davvero c’è qualcosa che non va nella direzione presa da GNOME? Si dovrebbe rivedere qualcosa? Lascio a voi ogni interpretazione ed opinione.
Alla prossima amici di Tuxnews.it.